TRIBUNALE DELLA SPEZIA 
 
    Addi' 7 novembre 2016, 
    avanti il Tribunale della Spezia, quale giudice  monocratico  del
lavoro, nella persona del  Giudice  dottor  Giampiero  Panico,  nella
causa n. 573 del 2016 R.G.L., sono comparsi: 
        l'avvocato Battistini per la parte ricorrente; 
        per INPS l'avvocato Lolli. 
    L'avvocato Lolli, quale difensore dell'INPS, in virtu' dei poteri
associati alla sua delega, dichiara di accettare la limitazione della
domanda al capo dell'accertamento  del  diritto,  come  precisato  da
parte ricorrente in corso di causa. 
    Le parti si riportano ai rispettivi atti. 
    Il  Giudice,  dato  atto,  si  ritira  per  deliberare  come   da
provvedimento che sara' letto al termine della Camera di consiglio ed
emesso per via telematica. 
 
                    Il Giudice del lavoro: Panico 
 
 
                                    L'assistente giudiziario: Baldini 
    Dato atto, pronunzia l'ordinanza che segue. 
 
                       TRIBUNALE DELLA SPEZIA 
                              ORDINANZA 
 
    Il giudice monocratico, in funzione di giudice del lavoro,  sulla
domanda avanzata da Sergio Nardini ed altri, in  causa  riunita,  nei
confronti dell'INPS, in  relazione  alla  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata da parte ricorrente,  udita  la  discussione
sul punto, osserva quanto segue. 
    I  ricorrenti  (tutti  residenti  nel   circondario   di   questo
Tribunale) sono pensionati INPS, precisamente: 
        Sergio Nardini e' titolare di pensione VOCOM n. 36022009=, il
cui rateo  mensile  ammontava,  negli  anni  2012  e  2013,  ad  euro
1.462,00= lordi e, nell'anno 2011, ad euro 1.459,14=; 
        Giuseppe Novelli e' titolare di pensione VO n. 10038350=,  il
cui rateo  mensile  ammontava,  negli  anni  2012  e  2013,  ad  euro
1.754,80= lordi e, nell'anno 2011, ad euro 1.751,42=; 
        Maurizio Porcari e' titolare di pensione ET n. 00457744=,  il
cui rateo  mensile  ammontava,  negli  anni  2012  e  2013,  ad  euro
2.044,36= lordi e, nell'anno 2011, ad euro 2.040,46=; 
        Giacomo Vergassola e' titolare di pensione VET n.  00475045=,
il cui rateo mensile ammontava, negli  anni  2012  e  2013,  ad  euro
2.373,98= lordi e, nell'anno 2011, ad euro 2.369,51=; 
        Enrico Saporito e' titolare di pensione ET n.  00470200=,  il
cui rateo  mensile  ammontava,  negli  anni  2012  e  2013,  ad  euro
2.387,68= lordi e, nell'anno 2011, ad euro 2.383,18=; 
        Vittorio Zavanella e' titolare di pensione EL  n.  00169238=,
il cui rateo mensile ammontava, negli  anni  2012  e  2013,  ad  euro
1.602,25= lordi e, nell'anno 2011, ad euro 1.599,13=; 
        Francesco Marchini e' titolare di pensione FS  n.  00434389=,
il cui rateo mensile ammontava, negli  anni  2012  e  2013,  ad  euro
1.823,28= lordi e, nell'anno 2011, ad euro 1.819,78=; 
        Cesare Fregosi e' titolare di pensione ET  n.  00457753=,  il
cui rateo  mensile  ammontava,  negli  anni  2012  e  2013,  ad  Euro
2.074,29= lordi e, nell'anno 2011, ad euro 2.070,33=; 
        Francesco Ferrari e' titolare di pensione VOART n. 33024751=,
il cui rateo mensile ammontava, negli  anni  2012  e  2013,  ad  euro
1.910,89= lordi e, nell'anno 2011, ad euro 1.907,26=. 
    Agiscono per sentir accertare  -  previa  rimessione  alla  Corte
costituzionale  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 24, comma 25, decreto-legge n. 201  del  2011,  convertito,
con modificazioni, nella legge  n.  214  del  2011,  come  modificato
dall'art.  1,  comma  1,  n.  1),  decreto-legge  n.  65  del   2015,
convertito, con modificazioni, nella legge  n.  109  del  2015  -  il
proprio diritto alla differenza sugli arretrati ad essi spettanti per
gli anni 2012-2013-2014-2015 per effetto della  sentenza  n.  70  del
2015  della  stessa  Corte  costituzionale  e  conseguente   condanna
dell'Istituto al pagamento. 
    L'INPS resiste in giudizio in tutte le cause  riunite,  avanzando
difese esclusivamente di merito ed  incentrate  sulla  irrilevanza  e
manifesta  infondatezza  della  dedotta  questione  di   legittimita'
costituzionale, con conseguente richiesta di  rigetto  delle  attrici
domande siccome infondate. 
    In corso di giudizio, i ricorrenti hanno dichiarato  di  limitare
la propria domanda - sempre  previa  rimessione  della  questione  di
legittimita' costituzionale - al capo dell'accertamento  del  proprio
diritto alla differenza sugli arretrati  di  pensione  per  gli  anni
sopraddetti,  con  riserva  di  agire  separatamente   per   l'esatta
quantificazione e liquidazione del credito. 
    La difesa dell'INPS ha accettato la limitazione della domanda. 
    Occorre quindi brevemente premettere che  il  disposto  dell'art.
24,  comma  25,  decreto-legge  n.  201  del  2011,  convertito,  con
modificazioni, nella legge n. 214  del  2011,  prima  dell'intervento
della sentenza n. 70 del 2015 della Corte  costituzionale,  stabiliva
che 
    «In considerazione della contingente situazione  finanziaria,  la
rivalutazione automatica dei trattamenti  pensionistici,  secondo  il
meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge  23  dicembre
1998,  n.  448,  e'  riconosciuta,  per  gli  anni   2012   e   2013,
esclusivamente ai trattamenti pensionistici  di  importo  complessivo
fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per
cento.  Per  le  pensioni  di  importo  superiore  a  tre  volte   il
trattamento minimo INPS e inferiore a tale limite incrementato  della
quota di rivalutazione automatica spettante  ai  sensi  del  presente
comma, l'aumento di  rivalutazione  e'  comunque  attribuito  fino  a
concorrenza del predetto limite maggiorato. Il comma 3  dell'art.  18
del  decreto-legge  6   luglio   2011,   n.   98,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e' abrogato». 
    I  ricorrenti  sono  stati  incisi  dagli   effetti   di   questa
disposizione, ma, successivamente,  la  Corte  delle  leggi,  con  la
sentenza 10 marzo - 30 aprile 2015, ne ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale 
    «nella  parte  in  cui  prevede  che  "In  considerazione   della
contingente situazione finanziaria, la rivalutazione  automatica  dei
trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito  dall'art.
34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448,  e'  riconosciuta,
per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici
di importo complessivo fino a tre volte il trattamento  minimo  INPS,
nella misura del 100 per cento"» ... (2° capo del dispositivo). 
    Il  legislatore  e'  quindi  prontamente   intervenuto   con   il
decreto-legge n. 65 del 2015, convertito,  con  modificazione,  nella
legge n. 109 del 2015 (art. 1, comma 1, n. 1), ed ha riscritto l'art.
24, comma 25, del decreto-legge n.  201  del  2011,  convertito,  con
modificazioni, nella legge n. 214 del 2011, prevedendo che 
    «1. Al fine  di  dare  attuazione  ai  principi  enunciati  nella
sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015, nel rispetto  del
principio dell'equilibrio di bilancio e degli  obiettivi  di  finanza
pubblica,  assicurando  la  tutela  dei  livelli   essenziali   delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche in funzione
della salvaguardia della solidarieta' intergenerazionale, all'art. 24
del  decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.   201,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,  sono  apportate
le seguenti modificazioni: 
    il comma 25 e' sostituito dal  seguente:  "25.  La  rivalutazione
automatica  dei  trattamenti  pensionistici,  secondo  il  meccanismo
stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge  23  dicembre  1998,  n.
448, relativa agli anni 2012 e 2013, e' riconosciuta: a) nella misura
del  100  per  cento  per  i  trattamenti  pensionistici  di  importo
complessivo fino a tre volte  il  trattamento  minimo  INPS.  Per  le
pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo  INPS
e inferiore a tale limite incrementato della quota  di  rivalutazione
automatica spettante sulla base di  quanto  previsto  dalla  presente
lettera, l'aumento di rivalutazione e'  comunque  attribuito  fino  a
concorrenza del predetto limite maggiorato; b) nella  misura  del  40
per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente  superiori
a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori  a  quattro
volte  il  trattamento  minimo  INPS  con   riferimento   all'importo
complessivo dei trattamenti medesimi.  Per  le  pensioni  di  importo
superiore a quattro volte il predetto trattamento minimo e  inferiore
a tale limite incrementato della quota  di  rivalutazione  automatica
spettante sulla base  di  quanto  previsto  dalla  presente  lettera,
l'aumento di rivalutazione e' comunque attribuito fino a  concorrenza
del predetto limite maggiorato; c) nella misura del 20 per cento  per
i trattamenti  pensionistici  complessivamente  superiori  a  quattro
volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il
trattamento minimo INPS con riferimento all'importo  complessivo  dei
trattamenti medesimi. Per le pensioni di importo superiore  a  cinque
volte il predetto  trattamento  minimo  e  inferiore  a  tale  limite
incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante  sulla
base  di  quanto  previsto  dalla  presente  lettera,  l'aumento   di
rivalutazione e' comunque attribuito fino a concorrenza del  predetto
limite maggiorato; d) nella misura del 10 per cento per i trattamenti
pensionistici  complessivamente   superiori   a   cinque   volte   il
trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento
minimo INPS con riferimento all'importo complessivo  dei  trattamenti
medesimi. Per le  pensioni  di  importo  superiore  a  sei  volte  il
predetto trattamento minimo e inferiore a  tale  limite  incrementato
della quota di  rivalutazione  automatica  spettante  sulla  base  di
quanto previsto dalla presente lettera, l'aumento di rivalutazione e'
comunque  attribuito  fino  a   concorrenza   del   predetto   limite
maggiorato; e) non e' riconosciuta per  i  trattamenti  pensionistici
complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con
riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi."». 
    In forza dell'applicazione di questa normativa ai  ricorrenti,  i
loro trattamenti pensionistici sono stati rivalutati come segue; 
        per Nardini, Novelli, Zavanella, Marchini, ferrari, del  40%,
in quanto la  rispettiva  pensione  era  superiore  a  tre  volte  ed
inferiore a quattro volte  il  trattamento  minimo  INPS  (pari,  per
l'anno 2012, ad euro 480,53= e, per l'anno 2013, ad euro 481,00=); 
        per Porcari,  Vergassola,  Saporito,  Fregosi,  del  20%,  in
quanto la rispettiva  pensione  era  superiore  a  quattro  volte  ed
inferiore a cinque volte il ridetto trattamento minimo; 
    conseguentemente,  ciascuno  dei  ricorrenti  lamenta  di   esser
creditore, anno per anno, dal 2012 al  2015,  di  importi  variabili,
posizione per posizione, tra euro 400,00= ed euro 2.200,00=, a titolo
di ulteriore ed integrale perequazione,  se  fosse  stata  pienamente
attuata la ridetta sentenza n. 70 del 2015 ed  alla  luce  di  quanto
esposto dalla circolare INPS n. 125 del 2015 (in atti prodotta). 
    Sussiste pertanto l'interesse ad  agire  ed  anche  la  rilevanza
della questione che si va ad esporre, in quanto la  perequazione  dei
trattamenti pensionistici dei ricorrenti nella lamentata ed inferiore
misura discende proprio dall'art. 1, comma 1, n. 1), decreto-legge n.
65 del 2015, convertito, con modificazioni, nella legge  n.  109  del
2015. 
    In primo luogo, la modifica dell'art. 24, comma 25, decreto-legge
n. 201 del 2011, operata con il ridetto  art.  1,  comma  1,  n.  1),
decreto-legge n. 65 del 2015,  appare  contrastare  con  il  disposto
dell'art. 136, 1° comma, Cost.;  ai  sensi  di  questa  disposizione,
infatti,  la  norma  dichiarata  incostituzionale  «cessa  di   avere
efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione». 
    E' accaduto tuttavia piu' volte che il legislatore,  intervenendo
dopo la declaratoria di incostituzionalita' di  una  disposizione  di
legge, ne abbia sostanzialmente prolungato (o  ripristinato)  la  sua
efficacia, con un agire che la stessa  Corte  costituzionale  non  ha
mancato di stigmatizzare (v.,  p.  es.,  Corte  costituzionale  22-23
aprile 2013, n. 72, in motivaz., Id. 24  giugno-16  luglio  2015,  n.
169, Id. 5-20 ottobre 2016, n. 224). 
    Nel caso di specie, la sentenza n.  70  del  2015  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 25, decreto-legge
n.  201  del  2011,  nella  parte  in  cui   la   rivalutazione   era
«riconosciuta,  per  gli  anni  2012  e   2013,   esclusivamente   ai
trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte  il
trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento». 
    Il legislatore del 2015 ha sostituito - con effetto dal 21 maggio
2015 (art. 8,  decreto-legge  n.  65  del  2015)  -  la  disposizione
censurata con  una  molto  piu'  articolata,  ma,  a  fronte  di  una
pronunzia  che  dichiarava  l'illegittimita'   costituzionale   della
rivalutazione limitata ai trattamenti che non  eccedevano  il  triplo
del minimo e nulla  agli  altri,  ha  introdotto  un  meccanismo  che
rivaluta in percentuali limitate e progressivamente riducentesi tutti
i trattamenti. 
    In particolare, per quanto rileva in  questo  giudizio,  per  chi
gode di una pensione compresa tra  il  triplo  ed  il  quadruplo  del
minimo, la rivalutazione e'  del  40%  (e'  il  caso  dei  ricorrenti
Nardini, Novelli, Zavanella, Marchini, Ferrari), mentre per chi  gode
di una pensione compresa tra il quadruplo ed quintuplo del minimo, la
rivalutazione scende al 20%  (e'  il  caso  dei  ricorrenti  Porcari,
Vergassola, Saporito, Fregosi). 
    La violazione dell'art.  136,  Cost.  appare  non  manifestamente
infondata, atteso che, nella motivazione della decisione  n.  70  del
2015, la Corte delle leggi aveva rilevato come l'originario art.  24,
comma   25,   fosse   «eccentrico»   rispetto   al   nostro   sistema
pensionistico, poiche' incideva totalmente sui trattamenti  superiori
al triplo  del  minimo  ed  aveva  durata  biennale,  anziche',  come
solitamente avvenuto per altre norme di blocco, meramente annuale. 
    In sostanza, la disposizione  censurata  in  nulla  teneva  conto
delle esigenze di  vita  per  coloro  che  percepivano  una  pensione
superiore al triplo del minimo ed imponeva la  cristallizzazione  del
loro trattamento per un periodo eccessivamente lungo in relazione  al
possibile variare del potere di acquisto della moneta. 
    Evidentemente, il legislatore del 2011 non aveva considerato tali
profili, ma si era unicamente mosso nell'ottica di tutelare  esigenze
di bilancio. 
    La disposizione che ora si porta all'attenzione della Corte delle
leggi pare muoversi nel medesimo solco di quella  censurata,  perche'
attua la sentenza n. 70 del 2015 senza considerare  le  esigenze  dei
pensionati ad avere un'adeguata rivalutazione del proprio trattamento
ed ha riguardo unicamente alla  compatibilita'  di  bilancio  con  le
possibili  conseguenze  economiche  derivanti  dall'attuazione  della
ridetta decisione. 
    E che le esigenze dei pensionati non siano state considerate - o,
comunque,  adeguatamente  ponderate  rispetto  alle   necessita'   di
bilancio - appare dal raffronto con i crediti che, anno per anno, gli
odierni ricorrenti espongono: da  euro  400,00=  ad  euro  2.200,00=,
secondo i casi, tali, comunque, da essere significativi e rilevanti. 
    Per questo motivo, l'intervento normativo del 2015  -  anche  per
coloro, come  i  ricorrenti,  ai  quali  e'  riconosciuta  una  certa
rivalutazione -  appare  volgere  piuttosto  alla  limitazione  degli
effetti della sentenza n. 70 del  2015  e,  quindi,  sospettabile  di
inadempimento al dettato dell'art. 136, Cost. 
    La  disposizione  introdotta  con  l'art.  1,  comma  1,  n.  1),
decreto-legge n. 65 del 2015, appare sospettabile anche di violazione
degli articoli 3, 36, 1° comma e 38,  2°  comma,  Cost.,  poiche'  il
meccanismo perequativo da essa stabilito conduce  a  risultati  assai
modesti e tali da compromettere la conservazione nel corso del  tempo
del valore  del  trattamento  pensionistico,  con  pregiudizio  delle
finalita' previste dai ridetti articoli. 
    Al riguardo, si riconsideri  l'entita'  del  credito  esposto  da
ciascun ricorrente; in particolare: 
        per chi gode di una pensione tra il triplo  ed  il  quadruplo
del minimo (e' il caso dei ricorrenti  Nardini,  Novelli,  Zavanella,
Marchini, Ferrari), si ha che, a fronte di un trattamento mensile tra
euro 1.441,00= ed euro 1.924,00=  (considerando  il  minimo  di  euro
481,00= dell'anno 2013), il credito esposto varia tra euro 456,04= ed
euro 1.933,23=; 
        per chi gode di una pensione tra il quadruplo ed il quintuplo
del minimo (e' il caso dei ricorrenti Porcari, Vergassola,  Saporito,
Fregosi), si ha che, a fronte di  un  trattamento  mensile  tra  euro
1.924,00= ed euro  2.405,00=,  il  credito  esposto  varia  tra  euro
537,15= ed euro 2.031,90=. 
    Conseguentemente, il rateo mensile di pensione per  l'anno  2016,
dovrebbe avere una maggiorazione di euro 135,78= per Nardini, di euro
267,83= per Novelli, di euro 246,92= per Porcari, di euro 290,15= per
Vergassola,  di  euro  303,91  per  Saporito,  di  euro  244,20=  per
Zavanella, di euro 289,06= per Marchini, di euro 250,59= per Fregosi,
di euro 328,08= per Ferrari. 
    Si tratta di  importi  che  evidenziano,  a  contrario,  come  la
rivalutazione operata per  effetto  del  nuovo  art.  24,  comma  25,
decreto-legge n. 201 del 2011,  sia  assai  modesta  e  tale  da  far
dubitare che  sia  conforme  all'art.  3  e  soddisfi  ai  richiamati
precetti dell'art. 36, 1° comma e 38, 2° comma, Cost. 
    Da questo punto di vista, la disposizione in  esame  si  discosta
sensibilmente  dai  precedenti   interventi   normativi,   i   quali,
intervenuti successivamente all'art. 34, legge n. 448 del 1998, hanno
stabilito  che  la  perequazione  automatica  sia  integrale  per  le
pensioni pari  o  non  superiori  al  triplo  del  minimo,  indi  sia
commisurata al 90% per quelle comprese tra il triplo ed il  quintuplo
del minimo e sia commisurata al  75%  per  quelle  superiori  a  tale
limite (cosi', p. es., il disposto dell'art. 69, comma  1,  legge  n.
388 del 2000). 
    La disposizione in  esame,  peraltro,  si  discosta  anche  dalla
perequazione relativa al periodo 2014-2018, per la  quale  l'art.  1,
comma 483, legge n. 147 del 2013, prevede, per i trattamenti compresi
tra il triplo ed il quadruplo del minimo, una rivalutazione  del  95%
e, per quelli tra il quadruplo ed il  quintuplo,  del  75%  (si  sono
prese a raffronto le fasce nelle quali si collocano le pensioni degli
odierni ricorrenti). 
    Aggiungasi che, in precedenza, la Corte delle leggi ha esaminato,
tra le altre, la disposizione con la quale era  stata  bloccata,  per
l'anno 2008, la perequazione delle pensioni superiori ad  otto  volte
il minimo (art. 1, comma 19, legge n. 247 del 2007). 
    In quella occasione,  la  Corte  ha  ritenuto  la  conformita'  a
Costituzione della normativa scrutinata, ex articoli 38 e  3,  Cost.,
anche facendo leva sulla considerazione che il blocco era limitato ad
un solo anno solare (C. cost. 3-11 novembre 2010, n. 316);  nel  caso
in esame, invece, la perequazione in percentuale ridotta e' estesa  a
due annualita'. 
    In  sostanza,  questo  breve  raffronto  ulteriormente  mette  in
rilievo come la riscrittura dell'art. 24, comma 25, decreto-legge  n.
201 del 2011, operata dall'art. 1, comma 1, n. 1),  decreto-legge  n.
65 del 2015, pur tenendo conto  della  discrezionalita'  legislativa,
non appare effettuare un ragionevole contemperamento  delle  esigenze
contrapposte; essa, pertanto, non si sottrae a dubbi di  legittimita'
costituzionale con riguardo ai principi  di  eguaglianza  sostanziale
(art. 3, 2° comma), di proporzionalita' alla quantita' e qualita' del
lavoro svolto (art. 36, 1° comma),  di  adeguatezza  del  trattamento
pensionistico (art. 38, 2° comma). 
    Tutto cio' premesso,  questo  giudice,  aderendo  all'istanza  di
parte  ricorrente,  ritiene   di   dover   sollevare   questione   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 24, comma  25,  decreto-legge
n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, nella  legge  n.  214
del 2011, come modificato dall'art. 1, comma 1, n. 1),  decreto-legge
n. 65 del 2015, convertito, con modificazioni, nella legge n. 109 del
2015, per violazione degli articoli 136, 3, 2° comma, 36, 1° comma  e
38, 2° comma, Cost., nei termini di  cui  sopra,  limitatamente  alle
lettere b) e c) di tale disposizione.